Chiara ha partecipato al progetto Media by ESC for Social Inclusion co-finanziato dal Programma del Corpo Europeo di Solidarietà dell’Unione Europea.
A settembre 2020 sono partita per Salonicco per prendere parte ad un progetto di volontariato con il Corpo Europeo di Solidarietà.
Ho vissuto ben cinque dei sette mesi del progetto in lockdown. Più volte, nell’arco di questo periodo, la nostra mentore, per sostenere me e gli altri partecipanti quando eravamo un po’ giù di morale, ci ha ripetuto che avevamo compiuto una scelta davvero coraggiosa. Una scelta che implicava un tipo di coraggio differente da quello che avevano dovuto mettere in campo i volontari nei progetti realizzati prima dello scoppio della pandemia. Secondo lei, infatti, ci siamo buttati in questa avventura consapevoli delle misure che erano state prese sino ad allora per contenere la pandemia, ma eravamo totalmente ignari di come sarebbe potuta evolvere la situazione e questo, comunque, non ci aveva spaventato.
Il fatto è che chiunque sia intenzionato a svolgere un periodo all’estero nell’ambito del Corpo Europeo di Solidarietà si può fare un’idea del tipo di esperienza che andrà a fare attraverso gli infokit, le pagine social dell’organizzazione ospitante e gli articoli scritti dai volontari al rientro dall’esperienza (articoli come quello che sto scrivendo io ora).
In realtà, per quanto io tenti di descrivere o riassumere quanto avvenuto in questi mesi, non riuscirò mai a rendere la bellezza che io ho trovato nel mio progetto. L’unica cosa che posso dire è che se c’è un progetto tra quelli proposti sullo European Youth Portal che attira la vostra attenzione, candidatevi, provateci. Sono convinta che alla base di tutto ci sia proprio questo: trovare un’organizzazione che permetta al volontario di crescere nell’ambito sociale di suo interesse.
Durante il progetto “Media by ESC for Social Inclusion”, organizzato dall’NGO United Societies of Balkans, ho imparato molto su come rendere i media un ottimo strumento al servizio della comunicazione delle ONG.
Ci sono stati forniti i mezzi per realizzare interviste efficaci e scrivere articoli interessanti, per produrre brevi documentari e per gestire la comunicazione sui social media.
L’ambito che mi ha conquistata fin da subito è stato quello del podcast. Ed è così che è nato Bring It Up!. Mi è sempre piaciuta l’idea di riuscire a cogliere le opinioni della mia generazione su quei temi sociali che ci si trova ad affrontare mentre si cresce, dalle strategie per ridurre l’inquinamento a quelle per abbattere gli stereotipi. Ho condiviso l’esperienza della conduzione con un’altra volontaria, Sara. Insieme, abbiamo anche ragionato sui temi da affrontare e ci siamo confrontate sugli ospiti da invitare. La sfida personale più grande che ho dovuto superare credo sia stata quella di imparare a dialogare con il programma che ho utilizzato per lavorare sui file audio e aggiungere effetti sonori. Si pensa sempre che è possibile imparare qualsiasi cosa e che basta volerlo, ma si finisce sempre per rimandare quello che non è considerato come urgente. Ecco, se quest’esperienza non me lo avesse richiesto, se, cioè, non fosse stato indispensabile per realizzare le interviste e produrre un podcast, non credo che avrei accettato e affrontato tutte le criticità che nel frattempo mi sono trovata davanti.
Molti, se non tutti, dei ricordi che ho collezionato in questi sette mesi coinvolgono anche altre persone: la mentore, il coordinatore dei volontari e gli stessi volontari con cui ho condiviso la maggior parte del mio tempo e degli spazi.
Per come il Corpo Europeo di Solidarietà è concepito e strutturato, molto tempo è lasciato a disposizione dei volontari affinché questi possano esplorare non solo la città, ma direttamente la nazione in cui si svolge il progetto. Ovviamente, per ragioni legate alla pandemia, per me non è stato così. Non considero questa per forza una nota negativa del mio soggiorno all’estero. Certo, mi sarebbe piaciuto, per esempio, salire sull’Olimpo o visitare l’Acropoli ad Atene, ma davanti ai limiti geografici, noi volontari abbiamo reagito rendendo la nostra casa il posto più confortevole e divertente in cui spendere le lunghe giornate di quarantena. Abbiamo organizzato tornei di giochi da tavolo e a squadre, serate a base di film o di arte. È così che, credo, si è venuto a creare e a rafforzare il legame interpersonale che spero duri per sempre.
E comunque, ho pur sempre visto molto di Salonicco, che ho usato un po’ come un eserciziario a cielo aperto per allenarmi mentre studiavo il greco moderno. E poi, anche se molte celebrazioni per le feste nazionali e non (mi vengono in mente la giornata dedicata alla rivoluzione ellenica contro gli Ottomani e la notte di Natale) non si sono svolte con i soliti fasti, ho comunque avuto modo di ascoltare i resoconti di chi le ha vissute in prima persona negli anni passati e le spiegazioni sulle implicazioni storiche e culturali che esse hanno in Grecia (e questo è stato molto importante e interessante per me, visto che le mie conoscenze in fatto di storia greca si fermavano a quel famoso 1453, anno della caduta di Costantinopoli).
Nonostante le restrizioni, le mie giornate erano dinamiche e piene di impegni. Oltre alle varie riunioni con il responsabile del progetto e a quelle con il resto della squadra di volontari per organizzare le attività per ciascuna settimana, oltre alla pianificazione degli episodi del podcast e alla redazione degli articoli per il
magazine e il blog, c’erano i meeting con la mentore per rafforzare i legami interni al nostro gruppo di volontari e le lunghe passeggiate a fine giornata. Ho avuto anche la possibilità di partecipare all’organizzazione di una raccolta fondi e di assistere e supportare il dipartimento di Project Management dell’ONG.
A volte penso che se non avessi avuto modo di fermarmi a riflettere durante il primo lockdown in Italia, forse non sarei mai arrivata a scoprire e a prendere in considerazione quest’incredibile opportunità che è prendere parte ad un progetto di volontariato con il Corpo Europeo di Solidarietà. L’impatto che questo ha avuto sulla mia vita e sul mio modo di affrontarla è davvero grande e spero che l’averne parlato in questo articolo possa rivelarsi uno spunto di riflessione per futuri volontari!
Chiara Parrucci